Hyaena Reading

 

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Hyaena Reading on Sub Terra - indie copyleft net label (Viterbo, Italy)

Hyaena Reading is part of artists' collective Le Filtre à Sons (Nantes, France)

works protected on Patamu -

opere tutelate su Patamu -
œuvres protégées sur Patamu

Sands-zine (3 dic 2013)

 

Di e. g. (no ©)


Neanche a dirlo, “Europa” di Hyaena Reading è uno dei dischi usciti nel 2013 che più m’hanno entusiasmato. Come una foglia autunnale che vola annunciando la fine di una stagione. Come una lama che cade tagliando vecchie parrucche. Come una voce che canta fuori dal coro. Come il coraggio di chi alza la testa.
Ma essendo io un tipo insicuro e coscienzioso, e memore delle numerose cantonate prese in passato, ho deciso di fare ascoltare il disco ad una cerchia di amici piuttosto eterogenea (non eterogenia), e devo dire che chi più e chi meno l’hanno tutti apprezzato. Non convinto, e cercando di evitare la possibile fregatura ad una folla di lettori che avrebbe potuto rincorrermi per strada, ho deciso di far suonare il disco in presenza di un pubblico misto e ‘al buio’, cioè senza dire né di cosa si trattava né chi erano gli autori, e dopo un po’ alcuni hanno iniziato a chiedermi cos’era e a trovarlo molto interessante. Così ho finito per realizzare che “Europa” non solo piace, ma pretende addirittura l’attenzione. Di conseguenza ho deciso di recensirlo come ‘top one’ e di contattare il gruppo per un’intervista, magari con la speranza segreta che avrebbero detto «chi se ne frega dell’intervista, fatti i cazzi tua e lasciaci in pace». Mi sarei in tal modo risparmiato un po’ di ‘lavoro’, e mi sarei risparmiato anche lo stress di che cavolo chiedere a tipi che non conosco, che non ho mai visto e ai quali non ho mai parlato [per la prossima intervista che faccio manderò una e-mail ai lettori e metterò un avviso in bacheca in modo che chiunque vuole può inviare le domande da fare…. mi sembra proprio una buona idea!!!!!]. Tornando a noi, manco a pensarci... ad un diniego… tutt’altro, Francesco Petetta è stato gentilissimo e disponibilissimo. Per cui eccoci qua.
Chi ne vuol sapere di più vada però a leggersi anche la recensione e, soprattutto, compri il disco.
Che cazzo!!!!!!!!


Se non ho preso un abbaglio al tempo del vostro disco precedente facevate base a Roma, mentre adesso una buona metà di voi si trova in Francia. Quanto influisce questo nel vostro fare musica?


Più che un luogo o un altro, è la possibilità di avere molteplici punti di vista che ci aiuta ad affrontare il nostro presente. Io vivo in Francia da due anni, Estelle che fa parte di Hyaena Reading da quasi tre anni è francese a tutti gli effetti. In più, alla realizzazione di "Europa" hanno collaborato musicisti provenienti dal Libano fino alla Spagna: Giovanni Romano - che oltre ad essere un caro amico fa parte di un altro collettivo internazionale, Chewing Magnetic Tape - ci ha raggiunti appositamente da Valencia per partecipare alle registrazioni dell'album. Pare che Chewing Magnetic Tape sia al momento un progetto in stand by; noi speriamo sia solo una pausa temporanea, visto che si tratta di uno dei pochi gruppi del nostro tempo capaci di emozionarci.


Più che altro pensavo alle difficoltà che ci possono essere nel trovarvi per suonare insieme o per dare concerti… e supponevo che i tre anni trascorsi dal disco precedente fossero imputabili a questo frazionamento?


Questi tre anni sono dovuti a tante ragioni. La distanza - benché sia più uno stimolo che un ostacolo - ha avuto una sua importanza, ma non è l'unico fattore: ad esempio, ad un certo punto ci sono stati cambi di formazione che ci hanno fatto rischiare di interrompere il nostro percorso. Inoltre, non dipendere da nessuno è un'arma a doppio taglio in quanto non è sempre facile imporsi una certa disciplina. E riguardo alle difficoltà di suonare in concerto, bisognerebbe chiedere agli addetti ai lavori.
C'è però un aspetto positivo, in quanto abbiamo avuto il tempo di elaborare il lutto per la morte del nostro continente.


Un intero continente alla deriva! Lo scrittore greco Petros Markaris, nel suo ultimo libro ambientato nel 2014, immagina un’Europa con Italia, Grecia e Spagna fuori dall’Euro, tu cosa prevedi per il futuro?


Mi auguro che sia una visione un po' limitata del futuro, ma oltre a milioni di persone sempre più confuse, impoverite nelle tasche e nello spirito, incattivite e quotidianamente in lotta le une contro le altre, non riesco a vedere. In fin dei conti, cosa importa se chi ridurrà i nostri figli allo stato di larve si chiamerà A o B? Non è una visione propriamente ottimista, ma con questo non intendo dire che lottare non serve, o che bisogna accettare la presenza di neonazisti, banchieri e altre categorie ben rappresentate nel nostro continente. Piuttosto, è proprio quando ci si rende conto di non avere più niente che ci si lascia morire o si alza la testa.


La vicenda mi ricorda un po’ quella della storia d’Italia, con un Sud impoverito e brutalizzato per favorire gli interessi del Nord… Ma forse non è solo una questione europea se è vero che l’economia degli Stati Uniti è totalmente in mano ai cinesi… è tutto il modello economico / politico occidentale che sta andando verso il baratro, non trovi?


Come negarlo? È da anni che il dubbio è diventato certezza agli occhi di tanti. In questa parte di mondo, al disastro di stampo medievale (ma che falsità, chiamare Medio Evo quel determinato periodo storico) aggiungiamo la farsa di uno schiacciasassi culturale chiamato Unione Europea.
Curiosità: chi ha preso il posto dei Savoia?


Ho l’impressione che sotto le ceneri, come sempre accade quando ci sono queste crisi epocali, covi una nuova guerra, non la terza mondiale ma la prima, e allo stesso tempo ultima, globale. Se ho ben capito l’iter del vostro disco anche da parte vostra c’è la stessa preoccupazione?


È uno scenario plausibile, bisognerebbe chiedere alle lobbies quando questo accadrà. Solo loro e pochi altri sanno. Riguardo al nostro album, è solo una volta composta la maggior parte dei pezzi che ci siamo resi conto del peso che era sulle nostre teste. Niente infatti era stato deciso a tavolino, nessun tema o idea era già sul piatto prima della fase di scrittura. L'album è stato composto lungo un arco di tempo piuttosto dilatato, ma in effetti sono principalmente gli ultimi pezzi ad essere più legati al nostro presente, e non parlo solo dei testi: anche la musica si è fatta molto più opprimente. In questo senso, dobbiamo ringraziare Fabio Magistrali se l'insieme risulta alla fine piuttosto organico.


A proposito, come si è verificata la collaborazione col ‘Magister’?


C'erano solo due o tre persone a cui avremmo voluto affidare questo album. Una di queste era Fabio Magistrali, che fortunatamente ha accettato con grande entusiasmo. Lo abbiamo cercato soltanto una volta portate a termine le registrazioni con Gianluca Bernardo, il quale oltre ad essere un carissimo amico ci conosce da sempre. Non conoscevamo Fabio di persona ma solo attraverso molti dei suoi lavori e a metterci in contatto è stato François R. Cambuzat. Arrivando a lavori già in corso e tralasciando per un attimo ogni aspetto umano - imprescindibile quando si lavora con lui - il suo maggior contributo dal punto di vista tecnico è stato quello di riuscire a rendere organica la gran quantità di colori che abbiamo riversato in "Europa".


Sono d’accordo con voi quasi su tutto, l’unica mia perplessità riguarda l’eccessiva fiducia nella rete… Non pensate che la rete è in mano ai soliti figuri che controllano il mondo e che se non cambiano i rapporti e l’organizzazione sociali può diventare, ammesso che non lo sia già, lo strumento di controllo più potente che il potere politico-economico ha mai avuto in mano?


Come si può avere fiducia o sfiducia in un freddo mezzo di comunicazione? È l'uomo, opulenta divinità al contrario, che lo gestisce. In questo senso, per quel che riguarda me, non c'è nessuna fiducia verso la rete. Sono d'accordo con te, se ho capito bene, sul fatto che chi di dovere abbia già accentrato la maggior parte del traffico web su pochi, semplici canali. Tuttavia resta il solo ‘luogo’ di comunicazione in cui c'è ancora qualche briciola di spazio, in cui ancora possiamo avere qualche raro frammento di verità. Se poi noi umani - o la maggior parte di noi - non siamo mai pronti a gestire, ma neanche a capire le nostre creature, che ci possiamo fare? L'età della speranza riguardo internet è già tramontata, ma da qui a dire che sia diventato un potentissimo strumento di controllo credo che fortunatamente ce ne corra, e che sia nostro dovere prendere quel poco di buono che ancora resta.


Ecco adesso una domanda alla quale in piccola parte hai già riposto sopra… Recensendo il vostro disco vi ho paragonato ad un mix fra Starfuckers, L’Enfance Rouge e Fugazi, e facendolo poi ascoltare in giro ho sentito fare i nomi di Antelope, Bachi da Pietra, CSI, Faust’o, Massimo Volume, Noir Désir… conoscete tutta questa gente e vi sentite davvero influenzati da qualcuno di loro?


Sei stato tu a farci scoprire gli Antelope, ai tempi del nostro EP “In movimento”: all'epoca facesti un paragone con questo bel gruppo che non conoscevamo affatto. Riguardo tutti gli altri nomi citati invece, sicuramente ognuno di questi gruppi o artisti è tra gli ascolti di almeno uno di noi, ma credo che nessuno di essi ci metta tutti e quattro completamente d'accordo. Abbiamo ascolti molto diversificati, con qualche sporadico ma importante punto d'incontro. Per quel che riguarda me, tra gli ascolti che più mi intrigano nell'ultimo periodo, oltre a Chewing Magnetic Tape di cui ho già accennato, Starfuckers e L'Enfance Rouge, potrei citarti - tra i primi che mi vengono in mente - Father Murphy, One Lick Less, Wire, Iosonouncane, Syd Barrett e un recente, semisconosciuto gruppo romano di nome Aktion. Oltre al colpevolmente sottovalutato album “(Neve) ridens” di Marco Parente.


Nel nuovo disco mi sembra di sentire un incremento di suoni generati da sorgenti elettroniche o comunque da sorgenti non rapportabili a una strumentazione musicale tradizionalmente intesa?


Rispetto a “In movimento” c'è qualche drum machine qua e là, successivamente trattata in fase di missaggio, più qualche sporadico utilizzo di loops e programmazioni ritmiche fatte in casa. Per il resto, molte percussioni e suoni ricavati da oggetti di tutti i giorni. Cucchiaini, asciugacapelli, scatoloni, accendini e così via, in parte suonati in diretta, in parte campionati, in parte registrati e poi riprodotti a diverse velocità. È vero che il suono nell'insieme è più freddo, tranne che per alcuni pezzi, ma anche quando abbiamo suonato strumenti non convenzionali abbiamo cercato di farlo con un approccio molto artigianale.


L'aspetto più indisponente di “Europa” per me è stato la voce, mi sono serviti davvero alcuni ascolti prima di poterla digerire, ma devo dire che dopo averci preso confidenza è una delle cose che apprezzo maggiormente... comunque mi resta ancora difficile descriverla, mi suona quasi metallica, robotica, impersonale.... Si tratta di timbri ottenuti naturalmente o avete utilizzato qualche trucco particolare?


Partiamo da un importantissimo presupposto: io non sono un grande cantante. Anzi, non sono un cantante. Quindi già all'inizio delle registrazioni sapevo bene quel che non volevo fare e quel che non potevo fare. A questo punto, una tonalità piuttosto fredda e impersonale è in parte una necessità, in parte una scelta, soprattutto riguardo alcuni testi che così possono fare ancora più male, se all'ascolto si riesce a vincere l'impatto iniziale. Ed è qui che entra in scena il lavoro al mixer di Fabio Magistrali, che mette ancora più in evidenza questa particolarità. Una delle grandi lezioni di Fabio è che non solo non si deve avere paura di essere la caricatura di se stessi, ma anzi in qualche modo bisogna esserlo, spingere ogni particolare alle sue estreme conseguenze.
E poi tanto, in ogni caso, qualsiasi sia l'intenzione che avevi in partenza, il risultato finale vivrà di vita propria.
Non so se il legame a livello di modus operandi appare evidente, ma mi sento di citarti i primi quattro dei 21 punti che sono posti alla fine del testo della pièce teatrale “I fisici”, di Friedrich Dürrenmatt:
«1. Io non parto da una tesi, bensì da una storia.
«2. Se si parte da una storia, bisogna pensarla fino alla sua estrema conclusione.
«3. Una storia è pensata fino alla sua estrema conclusione quando ha preso il peggiore sviluppo possibile.
«4. Il peggiore sviluppo possibile non si può prevedere. Avviene per caso.»


Avete già sperimentato i materiali in concerto? Vi crea difficoltà riprodurre tutti questi accorgimenti utilizzati in studio di registrazione?


In parte ci riusciamo, trattandosi di materiale piuttosto artigianale e di synth Microkorg; è più complicato per dei loops e alcuni effetti più da studio. In quel caso, i pezzi dal vivo prendono una piega decisamente più diretta e aggressiva, e meno stratificata.


I testi, se non sbaglio, sono tutti farina del tuo sacco?


Sono tutti miei, compresi quelli in francese per i quali Estelle mi aiuta in fase di revisione o addirittura di traduzione, nel caso vengano inizialmente scritti in italiano.


Vengono prima le parole e poi le musiche, prima le musiche e poi le parole o sono due aspetti che si sviluppano in contemporanea?


Tutte e tre le cose, dipende dalle canzoni. Soprattutto all'inizio, quindi per quanto riguarda i pezzi più vecchi (Preghiera per il mio deserto, Uccidine uno, Atto d'amore ad esempio) erano spesso i testi a vedere la luce per primi, mentre col passare del tempo sono più le altre due modalità di lavoro a prevalere.


Spesso i tuoi testi sono delle piccole storie (Vendetta, Vapore...) mentre altre assemblano situazioni affatto diverse (Atto d'amore), però sembra di sentirci sempre dentro qualcosa di realmente vissuto o, comunque, conosciuto... cosa ti ispira realmente nello scrivere?


Non è facile rispondere. Sapendo che in un altro momento potrei darti un altro tipo di risposta, direi qualsiasi regolamento di conti non portato alle sue estreme conseguenze, che sia riguardo la sfera pubblica o privata. Non mi interessa la deriva velatamente reazionaria e d'intrattenimento di buona parte del rock. In linea di massima non trovo per niente imbarazzante il silenzio, anzi mi affascina molto, per cui scrivo molto poco e cerco di farlo esclusivamente quando credo di avere qualcosa da dire.


State già lavorando al dopo “Europa”?


Ancora no, anche se ci piacerebbe. Viviamo con relativa gioia le costrizioni date dalla distanza tra di noi e dal fatto di non venire da famiglie agiate, che ci lasciano un'enorme insicurezza di fondo riguardo il futuro: non sappiamo se ci sarà mai un seguito ad “Europa”, o se avremo invece ancora energie per tanti lavori a nome Hyaena Reading. Per fortuna, non dipendiamo da nessuno.


In ogni caso, se Hyaena Reading non interromperà il suo percorso, il sodalizio con SubTerra è chiaramente destinato a continuare?


Al momento, niente fa pensare che il nostro percorso comune debba interrompersi. Carlo Sanetti, deus ex machina di Sub Terra, è molto più di un semplice collaboratore, si tratta di uno dei pochi fratelli che ci hanno sempre dato sostegno incondizionato. Inoltre la sua filosofia do it yourself è molto vicina alla nostra e sui rari punti di non totale accordo, lo scambio e il dialogo sono sempre qualcosa di profondo e che credo ci arricchiscano a vicenda.


Credo di poter chiudere, se però vuoi aggiungere qualcosa per coloro che leggeranno questa intervista hai piena libertà di farlo….


Da parte mia chiudo semplicemente ringraziandoti per la tua curiosità e attenzione. Pochi hanno ormai la fortuna di ricevere un'intervista di questo livello.


Grazie a te, da parte mia e da parte di tutti i lettori di sands-zine.

Solar Ipse # 7 (29 nov 2014)


"Hyaena Reading - Un sapore di ruggine e ossa"

Di Loris Zecchin


La convinzione che il proprio tempo è questo e che per viverci bisogna starci in mezzo riverbera prepotentemente nella musica degli italo-francesi Hyaena Reading. Un suono infragenere il loro, che per comodità definiremo post punk, con dei bellissimi ed evocativi testi recitati alternando le due lingue. Ne ragioniamo un attimino col cantante-paroliere Francesco Petetta mentre nello stereo gira Europa (cd, Sub Terra), l'ultimo album che hanno dato alle stampe l'anno scorso.



Innanzitutto raccontateci la vostra storia: eventi-chiave, background, principali differenze caratteriali tra di voi…


Una serie di reading, più o meno improvvisati, in un festival francese. Un amico che ci obbliga a registrare un primo pezzo col suo studio mobile. Una sala prove fatta a pezzi, insieme a parte della nostra strumentazione, da sconosciuti. Questi gli eventi chiave, dettati dal caso. Lo stesso caso che ha messo insieme persone con background ed esperienze di ogni tipo. Tra noi attuali componenti del gruppo e chi ci ha accompagnati in passato, c'è chi si è re-inventato con strumenti e in ruoli mai affrontati prima, da bassista a "cantante", da attore/cantante a musicista, da tecnico del suono a chitarrista, fino a chi non aveva neanche mai fatto della musica prima di Hyaena Reading. È divertente mescolare le carte a tal punto, fino a perdere completamente ogni punto di riferimento.


La particolarità del suono che esce da Europa è ottenuta anche grazie all’uso di strumenti non tradizionali… Immagino però che Fabio Magistrali abbia fatto la sua parte per renderli omogenei con il resto, sbaglio?


In realtà gli strumenti non convenzionali - che spesso non sono altro che analogicissimi oggetti di uso comune - hanno sempre fatto parte del suono di Hyaena Reading, fin dall'inizio. Ovviamente il mestiere e la sensibilità di Fabio hanno contribuito a rendere il tutto ancora più omogeneo. In particolare, parlando della parte non tradizionale della strumentazione, ciò su cui si è accanito maggiormente è il suono della nostra vecchia, grezza drum machine, che non era soddisfacente a suo dire. E visto il risultato finale, non possiamo dargli completamente torto.


Prima di quest'album ci sono altri due lavori: In Movimento e Des-illusions. Come li giudicate in relazione a Europa? Sono stati dei buoni banchi di prova?


L'EP Des-illusions viene dalle stesse sessioni di registrazione e missaggio di Europa, diciamo che è la versione "semplificata" di quest'ultimo, una sua anticipazione. Il primo EP, In movimento risale al 2010 ed è stato in realtà completato circa un anno prima. La formazione era diversa, i pezzi volutamente corti e grezzi ed è stato realizzato - missaggio compreso - in appena due giorni e mezzo in uno studio poco fuori Roma, il Kutso Noise Home di Matteo Gabbianelli, nel frattempo diventato abbastanza conosciuto come cantante dei Kutso, e all'epoca della sua uscita ha avuto un riscontro piuttosto variegato, tra chi l'ha adorato e chi l'ha considerato una mezza copia di gruppi che neanche ci piacevano necessariamente. Personalmente la cosa di cui sono contento nel passaggio dal vecchio al nuovo corso è l'evoluzione nel modo di usare e poi di trattare la voce. Nel frattempo, forse, siamo diventati un po' più consapevoli dei nostri mezzi.


Quali sarebbero questi gruppi a cui vi hanno paragonato? Sono curioso…


In ogni caso è giusto che ognuno dica quel che vuole: una volta pubblicata, qualsiasi opera d'arte o d'ingegno è totalmente fuori dal controllo. All'epoca molti hanno fatto i nomi di Offlaga Disco Pax e Massimo Volume. Qualcuno forse più attentamente ha nominato Tom Waits, Starfuckers, Nick Cave.
Stavolta, col nuovo lavoro, i nomi tirati in ballo sono molti di più, ma in questo caso lascio la parola a te...


Capisco che il cantato-recitato possa far venire in mente gli Offlaga Disco Pax e i Massimo Volume, ma in tutta sincerità trovo che non ci sia nei tuoi testi (e nel modo di recitarli) quella malcelata voglia di teatro-cabaret che tanto mi fa detestare quei due gruppi… anche se non siete così orgogliosamente wave in alcuni momenti mi avete ricordato i Dark Day dell’ex DNA Robert Crutchfield…


Gruppo interessante, l'ennesima prova che si può "declamare" (recitare? Leggere? Boh) anche se il tuo gruppo non ha base in Emilia. Riguardo gli ODP non posso pronunciarmi, visto che raramente destano il mio interesse. Per i Massimo Volume trovo un po' esagerato l'isterismo collettivo che li ha immolati a vittime dell'oblio negli anni '90 e li ha resi oggi divinità scese in terra. In Italia esistono decine e decine di gruppi che, per scelta o per necessità, hanno utilizzato negli anni questo tipo d'espressione, seppur con forme e risultati diversi. Madrigali Magri, Fausto Rossi, Starfuckers, Pane, Ultimo Attuale Corpo Sonoro, CCCP, Bachi Da Pietra, Fluxus, Il Teatro Degli Orrori. E mi fermo qui. Detto ciò, il nuovo album dei Massimo Volume è stato per me una piacevole sorpresa, nonostante la voce mi crei qualche difficoltà all'ascolto.
Tornando a noi dopo questa divagazione, spero che, semmai qualcuno si ricorderà di noi, lo farà anche per la sostanza di quel che facciamo e non solo per la forma. Di cose da dire ce ne sono talmente tante, al giorno d'oggi. O le affermiamo con forza, o si muore. A ognuno la scelta del proprio destino.


Questa mattina ho terminato la lettura di un bellissimo libro di racconti di Yasmina Reza, Felici i felici, e al volo mi sono appuntato una frase che ho trovato al suo interno, prima che sbiadisse dai ricordi: “Ho perso un amico che aveva una visione dell’esistenza. Una cosa piuttosto rara. La gente non ha una visione dell’esistenza. Ha solo delle opinioni.” Non trovi anche tu che questo dono di cui parla la Reza, "la visione dell’esistenza", sia un passaggio obbligato al fine di illuminare la notte della realtà e aumentare la nostra consapevolezza di essere umani? Perché le scelte politiche e ideologiche non bastano a renderci degli essere umani completi?


Se ho capito bene dove vuoi arrivare, credo che non si possa prescindere dal tentare di fare un profondo lavoro su se stessi, mirando ad acquisire questa "visione dell'esistenza", indipendentemente dal risultato che si otterrà. Avere delle opinioni è il passo seguente, non meno importante, né meno difficile: scoprire che esiste vita all'infuori del proprio corpo. Altre realtà, altre "verità", altre opinioni. Il dramma è vivere in una società in cui si è portati ad affermare costantemente di essere individui completi, formati, a livello individuale come a livello sociale, quando in realtà non siamo che animali in continua scoperta. Una vita non ci basterà mai, neanche se durasse millenni. Credo che rivendicare la propria totale inadeguatezza - oltre a quella del nostro agire collettivo - sia un opportuno gesto di buonsenso.


E in questa “visione dell’esistenza” che ruolo gioca l’espressione artistica? Per determinare il modo in cui un’opera viene recepita dobbiamo mettere sul piatto la cultura di chi l’opera la fa e la cultura di chi invece la fruisce. Ma ad affascinarci veramente cos’è? La curiosità di entrare nei panni di qualcun altro, seppur per un breve lasso di tempo?


Se ti dico che dipende dall'attitudine di ognuno, sono sincero o me la cavo furbamente? C'è chi insegue un ideale di bellezza e chi qualcosa che sia volutamente lontano da tale ideale. E ancora: chi cerca una vicinanza al proprio vissuto, chi qualcosa che cambi la società, chi qualcosa che gli ricordi sensazioni - gradevoli o meno - già provate, e così via. Le combinazioni, da parte di chi crea, sono così infinite. Non sfruttare tale opportunità è da criminali.


Per te, ad esempio, quali sono i nomi che hanno spinto a un nuovo livello le possibilità della musica? Non mi riferisco solo alle cose degli ultimi dieci anni, ma a tutto quello con cui sei venuto in contatto da che hai cominciato.


Tutto dipende dal vissuto di ognuno, inoltre sono così tanti ad aver aggiunto almeno una virgola a questo processo... La mia personale base di partenza fu il punk "sbagliato" di Joy Division e altri gruppi dell'epoca, e da lì ho cominciato il mio percorso personale, piuttosto ampio e caotico per poter essere sintetizzato in poche righe. Ora posso dirti di aver iniziato a leggere, con grande piacere, una raccolta di scritti di John Cage intitolata Silenzio (Shake edizioni), regalatami da un amico tempo fa: "Chiamo musica sperimentale quella in cui si cerca. Ma senza sapere quale sarà il risultato."


A che animale apparteneva la carcassa su cui si allunga la vostra ombra, in copertina del cd? Ha tutta l’aria, il luogo dove è stata scattata la foto, di essere un deserto teatro di oscure manovre militari e ritrovamenti alieni…


Quella foto è stata scattata all'interno di una caldara, un antico cratere vulcanico con costanti emissioni di anidride solforosa che rendono l'aria del posto abbastanza particolare. L'animale è forse un cane randagio, forse altro. Una delle tante carogne in cui ci si può imbattere su quel territorio lunare. È solo dopo aver visto lo scatto - realizzato da Fabio Pasquarella - che ci siamo resi conto che era perfetto come copertina per questo album, a livello concettuale quanto a livello visivo.


Il cuore del disco, per il mio gusto almeno, è Atto d’Amore… sembrano dirci le parole contenute nel testo: quello che accade intorno a te ha a che fare spesso, più di quanto tu creda, con l’amore o la mancanza di esso... Ho ghezzeggiato troppo?


È un'analisi osata, plausibile, interessantissima. Ti stupirà forse, quindi, sapere che ad un certo punto non sapevamo neanche più se inserire quel pezzo nell'album o meno, trovandolo un po' avulso dal resto della scaletta sia musicalmente che come tema. È un pezzo che già si trovava, in una versione molto differente, nel vecchio EP In movimento, e ci dispiaceva lasciarlo fuori vista la piega totalmente diversa che ha preso nel corso degli anni.


Ci potete spiegare in che consiste la licenza copyleft del disco?


È semplicemente un modo di rendere legale la copia, il download e la libera diffusione per fini non commerciali dell'opera. È anche per questo che non siamo iscritti alla SIAE, visto che il classico "tutti i diritti riservati" allo stato attuale delle cose ci impedirebbe tale utilizzo dei nostri lavori; in ambito europeo è da poco tempo che comincia a muoversi qualcosa, con alcune collecting societies che hanno avviato dei progetti pilota di convivenza tra il tradizionale copyright e la possibilità di utilizzare in contemporanea delle più agili licenze copyleft (alcuni diritti riservati). Le nostre canzoni sono in ogni caso tutelate dall'improbabile plagio grazie al servizio di marcatura temporale offerto dal sito Patamu, e al momento in cui stiamo realizzando questa intervista, proprio i tipi di Patamu stanno per lanciare, in collaborazione con la collecting society inglese Soundreef, un servizio sperimentale di raccolta delle royalties provenienti dai live senza l'obbligo di passare per la SIAE: è probabile che, quando l'intervista sarà pubblicata, il progetto sarà già avviato e Hyaena Reading sarà tra i trenta gruppi e artisti "pionieri". Consiglio quindi a te e ai lettori di Solar Ipse di informarsi riguardo gli sviluppi di tale ottima novità, sperando che tutto vada per il meglio. Dopotutto, non rifiutiamo a priori delle possibili fonti di guadagno provenienti dalle royalties: semplicemente, allo stato attuale delle cose, prendere soldi dalla SIAE - ma quali soldi, poi? - ci risulterebbe un po' come ricevere protezione da un padrino. Preferiamo restare liberi.


Mi ritengo soddisfatto della nostra chiacchierata e spero lo siate anche voi… Qualcosa da aggiungere prima dei saluti?


Ai nostri colleghi musicisti: che siano più recettivi alla collaborazione, nel creare situazioni e progetti che restino nel tempo. Ai tuoi colleghi critici/giornalisti/etc.: che ritrovino un po' di curiosità - e di coraggio! - in fase di ascolto. Grazie di questa bella chiacchierata, Loris.

Clap Bands (18 nov 2013)

 

Di Sisco Montalto

 

Gli Hyaena Reading sono tornati, come sanno fare loro, senza troppo clamore, in maniera elegante, con un album tutto nuovo dal titolo Europa, che ingloba tanto della loro personalità musicale e delle loro tendenze, fra  tutte,  quella di mischiare finemente poesia, canzone e quotidianità, creando musica di un certo spessore, riuscendo anche ad unire realtà tanto diverse e allo stesso tempo simili, come quelle di Francia e Italia.

Francesco Petetta ci racconta il percorso degli HR che è il percorso anche umano oltre che artistico, dei componenti della band…

 

Ci ritroviamo dopo due anni più o meno dalla prima intervista e dal primo album. Cosa hanno fatto durante questo periodo gli HR?


Sono stati sul punto di non fare più musica, a quel punto si sono rinnovati e hanno ritrovato la forza di continuare, più consapevoli dei propri mezzi. Nel mentre, si sono sparpagliati tra Italia e Francia, vivendo questa distanza più come una ricchezza che come una frustrazione.

 

Nuovo album, uscito a settembre. Ho trovato una maggior cura della musica e anche dei testi. Merito anche della collaborazione con Fabio Magistrali?


È doveroso da parte nostra ringraziare Fabio Magistrali che ha curato i missaggi e la coproduzione artistica dell'album. Lavorare con qualcuno che ha messo le mani su alcuni lavori fondamentali per la propria formazione, come ad esempio Trapani-Halq Al Waadi de L'Enfance Rouge (o, perché no, Hai paura del buio? degli Afterhours), è un'esperienza eccezionale.
Grazie a lui crediamo che la moltitudine di colori presente in Europa, frutto di quattro personalità molto diverse e ancora in piena formazione, non risulti eccessivamente dispersiva ma piuttosto ben canalizzata verso un obiettivo. In più, tante persone hanno fatto parte di Hyaena Reading o hanno collaborato nel corso del tempo. In tale maniera, il dialogo e lo scontro interni al gruppo sono ancora più stimolanti per noi.
Per questo album dobbiamo dire grazie anche a tanti amici, Andrea Ruggiero (violinista di Giorgio Canali e Operaja Criminale), Giovanni Romano del collettivo internazionale Chewing Magnetic Tape, la cantante lirica libanese Mona Hallab, i piccoli ma fondamentali mezzi di Carlo Sanetti e Sub Terra. Senza dimenticare tutti gli altri, a partire da Gianluca Bernardo (ex Rein) che ha curato le registrazioni.

 

Il titolo dell'album Europa è particolare nella sua semplicità: perché questa scelta e che significato ha per voi Europa?


Le lobby che fanno pressioni sul Parlamento europeo, attività privata mascherata da politica continentale. Il Medioevo che comincia appena adesso, progressisti dei nostri coglioni. E ancora, il tentativo di eliminare qualsiasi diversità, qualsiasi asperità. Uno schiacciasassi che cerca di livellare questo angolo di Terra in putrefazione sociale e culturale, modellandoci fino a farci somigliare meravigliosamente ai cadaveri plastinati di Gunther von Hagens.

 

A proposito di Europa, il disco e la vostra attività si sviluppa tra Italia e Francia. Cosa hanno in comune secondo voi queste due nazioni e cosa di diverso, e quanto la vostra musica è influenzata dalle due realtà?


Due paesi, due popoli talmente simili da non accorgersene. A livello sociale e culturale, la principale differenza è che la Francia ha ancora una flebilissima speranza di farcela. Per il resto, le due realtà ci influenzano come è normale che ci influenzi tutto ciò che ci circonda: oggi Italia e Francia, domani chissà dove saremo.


Rimane in voi presente un connubio forte tra musica e poesia...


A volte nasce prima una musica, a volte un testo, altre volte ancora le due cose sono indissolubili e vedono la luce di pari passo. Posso dirti, da non-poeta, che l'unico vero lavoro che faccio coscientemente sui miei testi è quello di tagliare, limare, ridurre. Ho un bisogno fisiologico di silenzio durante le mie giornate, e forse diminuire il numero di parole è un modo come un altro per ottenerlo.

 

Quanto c'è dell'attualità che viviamo e che vivete nei vostri testi?

 

Ignorare ciò che avviene intorno a noi significherebbe contribuire alla cultura reazionaria di questi anni, una deriva che è sempre stata presente anche nell'ambito del rock ma che ha preso inesorabilmente il sopravvento da una buona decade a questa parte. Entertainment, come recita il titolo di un vecchio album dei Gang Of Four. Non volendo sentirci parte di questo spirito necrofilo che rinnega la vitalità – seppur purtroppo solo potenziale – del presente, è per noi doveroso immergerci a fondo nel Male.

 

Ascoltando l'album vengono in mente alcune band italiane di nicchia, sicuramente non commerciali, come Bachi da Pietra o Massimo Volume. Vi sentite vicini al loro modo di intendere la musica?


I Massimo Volume erano di nicchia (che brutta parola) quindici anni fa. Sono stati senz'altro importanti nello sviluppo di un determinato percorso della musica in Italia. I Bachi Da Pietra sono un buon 1% della nostra poetica. La percentuale è in ogni caso enorme, se vogliamo avere la presunzione di considerarci esseri recettivi verso tutto ciò che avviene all'infuori dei nostri corpi. Tuttavia bisogna uccidere e seppellire i propri  idoli, insieme a se stessi. Noi l'abbiamo fatto da tempo, speriamo che gli altri se ne accorgano.

 

La lingua francese è sempre presente nella vostra musica. Un naturale modo di esprimersi in una lingua che non è quella madre o c'è altro dietro?


Da quasi due anni vivo in Francia. Essendo l'autore dei testi, è per me naturale esprimermi anche in questa lingua. In più, alcuni dei pezzi in francese riguardano temi, personali o meno, che non potevano che essere espressi in questa lingua.

Portus Namnetum è dedicata al rapido restyling della città di Nantes, Capitale verde europea per il 2013 secondo la Commissione Europea. Un tentativo da parte della borghesia locale di creare un nuovo El Dorado d'Europa fatto a propria immagine e somiglianza. Energie rinnovabili, iniziative più o meno culturali, politiche sociali abbastanza innovative da un lato, ma anche tanta “pulizia”, e non come può immaginarla qualcuno come me o te: semplicemente, cancellare ciò che ha in sé un potenziale di disturbo. Ed è un gran peccato, in una città che ha un passato fatto di sangue, di tante zone d'ombra e di mistero che la renderebbero incredibilmente ricca. Tenere la polvere diventa imperativo da parte di chi non si riconosce in questo tipo di trasformazioni, e per fortuna siamo ancora abbastanza numerosi.

 

Nuovo album che viene subito dopo l'ep “Des-illusions”. E' una sorta di continuum dell'ep?


I due lavori vengono dalle stesse sessioni di registrazione e missaggio, e due pezzi dell'EP sono presenti tali e quali su Europa. Con Des-illusions abbiamo voluto anticipare in maniera diretta il discorso che poi abbiamo ampliato e messo più a fuoco sull'album.

 

Mi spiegate meglio il discorso del copyleft e la vostra filosofia riguardo la promozione e la gestione della propria musica?


Ti cito una pagina del nostro sito: "Perché dovremmo andare contro i nostri interessi, impedendo alla nostra musica di circolare? Perché dovremmo andare contro i nostri ascoltatori, rischiando inutilmente di far passare loro dei guai per un download che comunque - in molti casi - effettuerebbero lo stesso? [...] Coscienti che l'industria del disco ha ingrassato maiali per solo mezzo secolo - nonostante si faccia musica da millenni - e altresì coscienti nel bene e nel male di vivere nel XXI secolo, decidiamo di incitare la libera diffusione della nostra musica attraverso delle licenze copyleft."

Non ce l'ha ordinato il medico di diventare musicisti. C'è chi fa musica, arte, artigianato, perché ha una visione particolare del mondo, che sia interessante o meno. Poi c'è chi comincia così, ma dimentica presto le ragioni iniziali. Il bisogno si spegne, la fame aumenta, il mezzo diventa il fine ultimo. Non significa che il denaro ci fa schifo, né che vogliamo morire misconosciuti e rancorosi: per la prima volta, un nostro lavoro esce, almeno inizialmente, solo in formato cd ed il download su internet è a pagamento anziché gratuito (a un prezzo ovviamente ridotto rispetto al cd).

Al momento comunque, una licenza copyleft e la non-iscrizione alla Siae restano i metodi migliori per rendere legali la copia del supporto e il download. Inoltre i nostri pezzi sono tutelati dal plagio che comunque non avverrà mai, grazie al servizio di marcatura temporale offerto dal sito Patamu.

 

Prossime tappe di HR?


Tutto è assolutamente aleatorio, potrebbe essere l'ultimo lavoro a nome Hyaena Reading come potrebbero seguirne tanti altri. Decideremo di giorno in giorno cosa fare, o forse sarà ancora una volta il Caso a dominarci e a portarci in luoghi a cui non avevamo mai pensato prima.

Clap Bands (31 gen 2011)

 

Di Sisco Montalto

 

Hyaena Reading, ovvero psichedelia anni '60, poesia, teatralità, sound che mischia folk, new wave, blues, sperimentalismo, ricordando sempre le proprie radici mediterranee. Testi brevi ma profondi, chitarre essenziali e taglienti.
Hyaena Reading è un progetto nato nell’autunno 2007 dalla volontà di Francesco Petetta e Claudio Mancini (chitarrista dei Rein). In poco più di tre anni di vita, Hyaena Reading ha portato le proprie sperimentazioni sonore nei luoghi più disparati: dal grande club al bookshop indipendente, dai teatri italiani e francesi al casolare di campagna, spesso dividendo il palco con stimati artisti quali The Niro, Giorgio Canali, Heike Has The Giggles, Rein, honeybird & the birdies.
Il 12 novembre 2010 esce “In movimento”, EP di esordio di Hyaena Reading. L’ep è un flusso continuo di suoni, rumori e voci che creano nella testa di chi ascolta immagini, come in un film in bianco e nero. La musica sospesa e incisiva, cupa, crea scenari sognanti e riflessivi, in uno spazio senza tempo. Non ci sono stilismi e inutili fronzoli, tutto esce fuori senza filtri, sedici minuti violenti, sporchi e vitali, come dicono loro.
Saranno in Sicilia per la rassegna “Oscena – Musica Altrove”, un progetto che mira alla realizzazione di un circuito di piccoli luoghi inusuali, osceni e altrove rispetto al consueto, nei quali sia possibile suonare dal vivo, giorno 4 febbraio a Messina (Rapa Nui) e il 5 febbraio ad Acireale (CT - Mistero Buffo), serata organizzata dall’Associazione Barock. Se volete vederli e sentirli, non perdetevi questi appuntamenti, respirerete arte allo stato puro!
E proprio in vista di queste serate al sud ho parlato un po' del progetto con Francesco.


Leggendo qualcosa su di voi, ho visto che venite da diverse esperienze musicali..

 

Sì, posso dirti che veniamo da background musicali molto diversi: la new wave, il blues, il folk, la sperimentazione. Noi siamo quel che succede nel frullatore. Con aggiunta di sale al posto dello zucchero. Alcuni di noi, inoltre, portano avanti altri progetti oltre Hyaena Reading: eventi e produzioni in ambito copyleft con il collettivo Fpml e il progetto di live in posti inusuali “Oscena. Musica altrove” per quel che riguarda me; il gruppo Dog Byron per quel che riguarda Max Trani; gli Haiku di cui Camillo Ventola è il cantante e autore dei testi.
 
So che avete suonato anche fuori Italia, in Francia se non sbaglio, quali differenze avete trovato nel pubblico e nell’approccio alla vostra musica?
 
Dunque, va detto che lì abbiamo suonato in un’occasione particolare, era all’interno di un festival di performance poetiche al quale io ero stato invitato.. un festival piccolino ma che aveva ospitato già grossi nomi in passato, da Fernando Arrabal, a Sanguineti, a Lawrence Ferlinghetti, e insieme a Claudio Mancini che è il chitarrista dei Rein, avevamo deciso di preparare un piccolo set per l’occasione, solo voce e chitarra; sicuramente non era il pubblico adatto alla proposta (età media 60 anni credo), ma nonostante questo mi è sembrato di percepire una grande attenzione e un rispetto notevole per chi è sul palco, questo sì.
 
E in Italia che accoglienza avete solitamente? Cioè credo, almeno per quello che ho visto, che fuori Italia siano più aperti a certe sperimentazioni nella musica ma più in generale nell’arte, voi che sensazione avete quando suonate in giro?
 
Dipende molto dal contesto e dal tipo di pubblico; per esempio ti posso dire che, per esperienza personale, un po’ di snobismo viene principalmente dal cosiddetto mondo “indie”, che al di là della parola che non significa più un bel niente ora nel 2011 per come viene usata, spesso si è trasformato semplicemente in una grande vetrina piena di strilloni disposti a tutto pur di mettersi in mostra.. Il MEI credo sia un buon esempio, senza togliere ciò che c’è di positivo anche lì; è ovvio, tutto è così difficile adesso.. ma bisogna anche ascoltare oltre che mostrarsi. Per quel che riguarda noi, preferiamo fare piccoli passi, ma nella direzione che vogliamo noi, senza condizionamenti.. imposti o che a volte possono venire anche da noi stessi.
 
Sì, sull’Indie mi trovi perfettamente d’accordo..
 
E’ un peccato ma qui è così, anche altrove non è tutto rose e fiori, ma almeno non ti guardano tutti dall’alto come a dire “e questo chi cazzo è?” Magari anche altrove guardano se sul tuo profilo Myspace hai più di cinquantamila visite ma non guardano solo quello per “capire” se puoi essere qualcuno, se sei “interessante”, questo almeno è quel che penso io.
 
Sì è vero, ma comunque devo dire che avverto questa sorta di indifferenza in generale, quando si parla di poesia per esempio, è dura farsi “accettare” in certi ambienti dove c’è già un giro consolidato, ma la cosa importante alla fine è credere in quello che si fa, mi avete colpito anche per questo, insomma portare in giro il vostro genere non è facile, ci vuole coraggio e pazienza..
 
Confermo, non è facile, anche se poi, un pubblico seppur piccolo riusciamo a raggiungerlo e a colpirlo. Certo, vallo a spiegare a chi i concerti li organizza però.
 
Infatti.. L’idea di mettere su questo progetto da dove nasce?
 
Da cosa nasce non lo so, perché come ti accennavo, è nato tutto per caso per via di quel festival in Francia; poi però, un po’ per scherzo all’inizio, abbiamo continuato e, più o meno presi a calci in culo da un amico comune (Gianluca Bernardo, il cantante dei Rein), abbiamo cominciato a pensare che forse avremmo potuto e forse dovuto registrare qualcosa, che qualcosa d’interessante poteva uscir fuori. Praticamente in corso d’opera ci siamo accorti che quel che ci usciva fuori aveva a che fare con una sorta di blues primordiale, sicuramente molto più che con alcuni gruppi ai quali qualcuno distrattamente ci accostava (Offlaga Disco Pax su tutti).
 
A chi vi ispirate?
 
Potrei dire gruppi come i Bachi Da Pietra, ma anche l’Enfance Rouge col loro blues mediterraneo degli ultimi dischi o, perché no, alcuni gruppi del periodo a cavallo tra gli anni '70 e '80, soprattutto da quando nel progetto è entrato Camillo Ventola, ovvero colui che durante i nostri concerti suona synth, drum machine ma anche e soprattutto percussioni improvvisate di ogni tipo, da bottiglie di plastica a forchette a pupazzi di gomma..
Poi non posso negare il mio personale amore per i Massimo Volume, anche se nei testi credo siano altri i paragoni riscontrabili.
 
Credo, dimmi se sbaglio, che la dimensione live sia più vicina al vostro progetto.
 
Sicuramente è fondamentale, ma a registrare ci siamo comunque divertiti molto. E’ stato fatto tutto in enorme fretta nello studio di Matteo Gabbianelli, il Kutso Noise Home qui vicino Roma, abbiamo avuto solo tre giorni ma, personalmente, adoro avere dei limiti di tempo così stretti, ti obbliga a spremerti le meningi e a tirare dritto come un carro armato mentre lavori, e Matteo è stato bravissimo ad assecondare le nostre stranezze (tipo registrazioni in presa diretta o, quando non lo erano, fatte al contrario): siamo partiti da voci e chitarre per concludere con batteria e percussioni. Poi in effetti, ogni live per noi fa storia a sé, sia per i cambi di formazione che capitano a volte in un gruppo, sia perché abbiamo suonato in posti davvero diversi l’uno dall’altro.. dal set elettrico all’acustico totale.
 
La storia del progetto senza musicisti, cosa significa esattamente?
 
Che ci siamo re-inventati in ruoli non nostri, o in generi musicali che non masticavamo del tutto: io mi occupo della voce ma non ho mai cantato, piuttosto ho un passato come bassista di scarso livello; Camillo Ventola invece, effettivamente non è un musicista ma è un cantante (lui sì!) e attore, mentre gli altri due attuali componenti del gruppo, Emanuele Celegato e Max Trani vengono rispettivamente da background rispettivamente folk-rock e blues-grunge, piuttosto lontani dal risultato finale di quel che facciamo.
 
Però interessante questa cosa, avevo pensato più ad una sorta di gruppo aperto, chi voleva, si inseriva di volta in volta..
 
Anche, perché no, siamo sempre apertissimi a collaborazioni, ma il nucleo duro, il gruppo vero e proprio è sempre composto da 3-4 persone.
 
I testi chi li scrive e perchè in italiano? Nel senso.. è venuto naturale? Sai, ormai c’è una sorta di moda a scrivere in inglese, anche per essere più “internazionali”..
 
I testi che hai ascoltato sul cd sono tutti miei, mentre dal vivo ci divertiamo anche a fare a pezzi una bellissima canzone dei Bachi Da Pietra (“Primavera del sangue”), e a volte presentiamo un altro pezzo scritto da Camillo Ventola. Per quanto riguarda l’uso dell’inglese, per noi è semplicemente stato naturale usare l’italiano, è la lingua che padroneggio meglio e mi sembra quindi più onesto usarla per fare un lavoro di qualità almeno dignitosa. Riguardo chi invece usa l’inglese, è una cosa che non condivido ma che in alcuni casi trovo fondamentale: se hai intenzione di proporti anche sul mercato estero, è comprensibilissimo; lo è di meno se non si ha l’intenzione di andare oltre confine.
Per quel che ci riguarda, è possibile che in futuro proporremo testi in altre lingue, principalmente inglese o francese, che sono quelle che conosco meglio, ma in ogni caso non sostituiranno mai e poi mai del tutto quelli in italiano, è anche un fatto importante per mantenere la propria identità.
 
In questo periodo cosa state facendo e quali sono le vostre prossime tappe?
 
Per ora la nostra priorità è portare in giro questo recente lavoro, vista la nostra capacità di adattamento a qualsiasi tipo di location e di set possibile.
Per il futuro chissà: registrare collaborazioni a distanza con chi già da anni fa di necessità virtù, esaltando al massimo le potenzialità della rete (ad esempio alcuni amici come i siciliani Chewing Magnetic Tape e Humpty Dumpty, o il viterbese La Guerra Delle Formiche, nel caso accettassero di averci tra i piedi).
Oppure aprire una osteria itinerante lungo le coste del Mediterraneo e di qualsiasi altro mare, una volta che tutti gli pseudo-presidenti che occupano abusivamente le loro poltrone saranno sul punto di cadere. Offriremo i prodotti migliori ai sudditi, cibo avvelenato ai governanti.
Oppure niente di tutto ciò. Continuare a fare semplicemente quel che ci riesce meglio. Terrorismo blues per persone incazzate. Molto incazzate.